RSU nella scuola: tra rappresentanza e clientelismo. Più ombre che luci di un sistema da ripensare
Ogni tre anni, il personale scolastico è chiamato a eleggere le RSU – le Rappresentanze Sindacali Unitarie – un passaggio che dovrebbe essere l’emblema della democrazia interna e della tutela collettiva. Eppure, dietro la facciata formale, il meccanismo si sta sempre più trasformando in un terreno fertile per il clientelismo, svuotando di senso la funzione originaria delle RSU.
Molti dei candidati non si avvicinano alla rappresentanza sindacale per convinzione o per spirito di servizio, ma perché inseriti in lista al solo scopo di portare numeri alla sigla storicamente rappresentativa. Non sanno nemmeno cosa significhi essere rappresentanti sindacali, non conoscono i diritti, i doveri, né tantomeno hanno idea di come si strutturi un’attività sindacale seria. E spesso non interessa loro saperlo. Sono candidati “fantoccio”, scelti per garantire visibilità alla sigla più grande, non per rappresentare davvero i lavoratori.
La Fensir, sceglie di non scendere a compromessi. Il segretario generale, Favilla, racconta un retroscena preoccupante:
“Nelle settimane antecedenti la presentazione delle liste, a seguito di un nostro comunicato nelle scuole, abbiamo ricevuto molte telefonate da personale docente e ATA che ci chiedeva quali vantaggi avrebbero avuto candidandosi con noi. Abbiamo spiegato chiaramente che avremmo offerto supporto con la formazione, ma non certamente con altro. A parte qualcuno che ci ha chiesto addirittura un compenso economico per il ruolo di RSU – affermando che la sigla X e Y lo offrivano ai loro candidati – molti ci hanno riferito che, se si fossero candidati e ottenuto il seggio, avrebbero avuto in cambio permessi sindacali. Non per svolgere attività sindacale a scuola o in sede, ma semplicemente per farsi i fatti loro. Siamo rimasti senza parole”.
I numeri parlano chiaro: 12 giorni l’anno, 5 a bimestre
Il quadro normativo, all’apparenza chiaro, viene in realtà aggirato con molta disinvoltura. Secondo l’Accordo Collettivo Quadro del 4 dicembre 2017, per i docenti, che sono tenuti a garantire la continuità didattica, i permessi sindacali retribuiti non possono superare i 12 giorni lavorativi l’anno, con un massimo di 5 giorni per bimestre. Eppure, in molti casi, questo limite viene “interpretato” in modo creativo grazie alla complicità di alcune dirigenze o all’assenza di controlli.
Nel caso del personale ATA, non essendoci vincoli legati alla didattica, il limite massimo non è rigidamente fissato, ma anche qui si assiste spesso a un utilizzo distorto dei permessi, svincolato dalle reali esigenze sindacali e più vicino a un benefit personale che a un diritto collettivo.
Rappresentatività: la finta democrazia che diventa monopolio
Ma il vero nodo della questione è il meccanismo della rappresentatività sindacale: un sistema autoreferenziale che impedisce di fatto ai sindacati non rappresentativi di accedere agli stessi strumenti di propaganda e presenza nelle scuole. Una prassi che nasce da un’errata e distorta interpretazione della Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), dove i sindacati che già detengono la maggioranza dei numeri continuano a scrivere le regole… a proprio esclusivo vantaggio.
Questo meccanismo si è trasformato in una casta blindata, che impedisce il pluralismo e la reale concorrenza di idee. Chi è fuori dalla rappresentanza formale viene sistematicamente escluso da spazi, comunicazioni, assemblee. “Una logica di controllo e chiusura che ha più del mafioso che del democratico” afferma Favilla.
Chi controlla il meccanismo, controlla anche l’accesso alla partecipazione. E così i sindacati storici consolidano il potere con dinamiche autoriproducenti, tagliando fuori le voci alternative, spesso più competenti e autenticamente impegnate.
I candidati Fensir: convinzione e responsabilità
In questo scenario distorto, i candidati RSU della Fensir si distinguono nettamente: partecipano alle elezioni non per convenienza o per ottenere vantaggi personali, ma per vera convinzione del ruolo che andranno a ricoprire. Sono persone formate o che verranno formati, consapevoli, che scelgono di impegnarsi per dare voce ai colleghi e per costruire una rappresentanza sindacale credibile, pulita e coerente con i principi dello Statuto dei Lavoratori.
La Fensir vuole spezzare questo cerchio vizioso. Basta con il sindacalismo che sopravvive solo per proteggere se stesso, che distribuisce permessi come ricompensa e che zittisce chi dissente. Basta con la rappresentanza ridotta a poltrona, con un pluralismo solo sulla carta.
Il sindacato deve tornare ad essere lotta, voce, coraggio. E chi vuole davvero difendere i lavoratori deve poterlo fare anche fuori dai circuiti blindati della rappresentatività. Perché il consenso si conquista con le idee e con la presenza, il servizio e la dedizione non con i numeri blindati. È tempo di un sindacato libero, trasparente e soprattutto senza padrini.